[LEZIONE 7]

L’alopecia androgenetica è la maggiore responsabile della caduta di capelli negli uomini. Nel corso della vita interessa circa il 50% della popolazione maschile e il 20% della popolazione femminile, in particolar modo dopo la menopausa. Negli uomini spesso compare in età giovanile, tra i 20 e i 25 anni, provocando notevole imbarazzo e stress, tuttavia anche quando si raggiunge un età superiore ai 50 anni si può manifestare in maniera più o meno evidente.

In Italia sono più di 11 milioni i maschi adulti affetti da alopecia androgenetica. La sua diffusione ne giustifica l’appellativo di calvizie comune o più semplicemente calvizie. Il termine androgenetica sta ad indicare che questa patologia ha una stretta dipendenza con gli ormoni androgeni (andro) e con i fattori genetici ereditari (genetica).

Il fatto di avere ereditato da un familiare la calvizie comporta che i capelli di alcune aree siano predisposti a subire danni da parte degli ormoni androgeni. Una causa certa dell’alopecia androgenetica è proprio la presenza dei recettori del diidrotestosterone nei follicoli piliferi. Tale predisposizione genetica porta i capelli a cessare gradualmente la loro crescita in alcune aree del capo, rendendo molto probabilmente l’uomo calvo. La genetica gioca dunque un ruolo importante: gli uomini che hanno parenti stretti con calvizie sono ad alto rischio. Nel caso in cui qualcuno degli ascendenti (genitori o nonni) abbia trasmesso il gene dell’alopecia, il destino è pressappoco inevitabile. Non parliamo di certezza perchè ogni persona possiede due esemplari dello stesso gene, provenienti uno dal padre e l’altro dalla madre, ed è la loro combinazione imprevedibile che determina l’eredità. Ciò è ampiamente dimostrato dall’alto numero di figli calvi con padri aventi chioma folta e viceversa.

L’alopecia androgenetica è solitamente caratterizzata da un’iniziale comparsa di una stempiatura nella zona frontale (front), con arretramento dell’attaccatura iniziale (hairline). Successivamente prosegue con un diradamento del vertice dello scalpo (crown/vertex), la cosiddetta chierica, e uno svuotamento progressivo della zona centrale (middle – top). Tale caduta lascia al soggetto solo una porzione di capelli posteriore (regione temporale della testa) e laterale (regione occipitale della testa) con una tipica forma a “ferro di cavallo” (corona ippocratica). Questa condizione permane anche negli stadi più avanzati di alopecia. 

Diidrotestosterone (DHT)

Il diidrotestosterone (abbreviato in DHT) è un derivato del testosterone, prodotto per effetto dell’enzima 5-alfa reduttasi, che una volta a contatto con il follicolo svolge un’azione dannosa: lo miniaturizza, fino a portarlo all’atrofiacompleta e quindi alla cessazione di ogni attività produttiva.

Il DHT risulta altamente dannoso per il follicolo pilifero, poiché è in grado di:

– ridurre la fase di crescita del capello.

– provocare una progressiva miniaturizzazione del follicolo, rendendo i capelli sottili, corti e depigmentati e trasformandoli in peli.

– portare alla completa atrofia del follicolo e quindi alla cessazione di ogni sua attività riproduttiva.

Il DHT viene prodotto, tramite l’azione dell’enzima 5-alfa-reduttasi, a partire dal testosterone che è l’ormone androgeno per eccellenza, presente anche nelle donne seppur in minor percentuale dei maschi. Nell’uomo esso è secreto soprattutto dalle cellule interstiziali dei testicoli. Anche se gli scienziati non sono ancora riusciti a identificare con assoluta certezza i geni responsabili della calvizie, è stato però accertato che quando il DHT viene soppresso i follicoli piliferi ritornano a prosperare.

La causa della calvizie non è da imputare alla quantità di testosterone totale prodotto. Questa errata convinzione ha generato una serie di credenze, fra cui quella che attribuisce ai calvi un maggior vigore sessuale. Soltanto il diidrotestosterone (DHT) presente in ogni singolo follicolo, e non la quantità di testosterone totale, innesca il processo della calvizie.